22 dic 2013

Tecnologia e istinti assassini. L'assurda caccia alle streghe scatenatasi contro Justine Sacco durante il suo volo a Johannesburg. Quando Twitter fa paura.

16 dic 2013

E Kim Jong-un è la destra storica. Anche Carlo Stagnaro scrive sul numero di IL in cui si proclama definitivamente che il liberismo è di sinistra. Come Bush. E il sesso orale. E Rocca. E le Giovani Marmotte. E tutto quel che di buono c'è sulla terra, sotto il cielo e in fondo al mare. La logica del gran capo è stringente:
La storia di copertina è sulla percezione errata che nel passato si stava meglio. Non è vero: la ricchezza globale è raddoppiata e la povertà estrema si è dimezzata. In una parola, negli ultimi 20 anni c’è stata una “redistribuzione” della ricchezza. Una cosa che un tempo si sarebbe detto “di sinistra”. Ed è merito dei mercati globali, della società aperta e della diffusione della libertà. Il liberismo, insomma, non ha i giorni contati (cit.) ed è di sinistra.
Nessun dogma.

14 dic 2013

Spregevole feccia umana, peggio di un cane. Il comunicato con il quale l'agenzia di stampa ufficiale nordcoreana ha reso nota l'esecuzione di Jang Song-taek è già un pezzo di storia del comunismo. Un documento di rara ferocia, redatto in una prosa incalzante e ansimante, allo stesso tempo tragico e ridicolo, un esempio illuminante di quali estremi possa raggiungere la propaganda in uno stato totalitario. The Atlantic si prende la briga di analizzare il testo nei suoi punti essenziali. Questo post è dedicato a quelli che pensano che se gli Stati Uniti sono in possesso di armi nucleari è normale che debbano poterle produrre anche altri regimi. La foto che segue invece testimonia l'arrivo di Jang Song-taek nella sala del tribunale speciale che lo ha condannato a morte.

Jang Song Taek appears before a tribunal of the Ministry of State Security on 12 December 2013 (Photo: Rodong Sinmun)

Come ogni purga che si rispetti, a parte l'eliminazione politica (e fisica) dell'accusato, anche questa porta con sé un messaggio per gli altri alti funzionari:
The Japanese newspaper Mainichi Shimbun has reported the execution of Ri Chol, another Kim family confidante who, prior to getting wrapped up with Jang and business deals in China, had been a childhood protector of Kim Jong Un and the family fortune in Switzerland. Other aides may meet the same fate, but the vast majority of Jang’s patronage network will likely be given the chance to repent for their sins. This, in fact, is now the message to the public at large: Make a clean break with any lingering affections for Jang and his foreign-flavored brand of leadership.
Ma c'è un punto specialmente significativo che spicca tra le ragioni della sua condanna, secondo quanto esposto nel comunicato: la mancanza di entusiasmo nell'appoggio alla successione ereditaria disposta da Kim Jong-il. Quella che avrebbe tutto il sapore di una vendetta personale attuata da Kim Jong-un nei confronti dello zio si manifesta in un particolare grottesco: Jang Song-taek non avrebbe applaudito abbastanza forte e abbastanza a lungo nella cerimonia di insediamento del rampollo a vice-presidente della Commissione Militare Centrale.
The notion of a death sentence for tepid applause is both tragic and easily parodied. KCNA is unintentionally echoing the inmate’s anecdote in Aleksandr Solzhenitsyn’s The Gulag Archipelago of a man imprisoned in the Soviet Union for being the first to stop clapping for Stalin near the end of a 10-minute ovation. And clearly the “towering resentment” Jang evoked is to be read retrospectively; no one noted the slight publicly at the time. Jang might have been more mindful of the example of his old rival, General Ri Yong Ho, who appeared to be borderline insubordinate during the outrageously campy and ebullient performance given by the gesticulating, babbling Kim Jong Un at his first on-site inspection as leader in January 2012. If the clapping accusation is merely a pretext for removing Jang, perhaps it is tragicomic. Far scarier is the idea that North Korean officials may take the charge seriously and feel that unenthusiastic applause, or the slightest downgrading of the Kimist personality cult, is tantamount to a criminal offense against the very sovereignty of North Korea.
Jang Song-taek non è solo una vittima del sistema che egli stesso ha contribuito a consolidare. La sua storia è soprattutto l'ennesima dimostrazione di come i regimi totalitari tendano a cannibalizzarsi, ad inghiottire se stessi, ad autodistruggersi. Dove finirà la purga? Quanti altri esponenti del vertice politico nordcoreano ne saranno coinvolti? Forse uno, forse molti. Impossibile saperlo, dipende dalle circostanze, dalle percezioni, dall'entità dei sospetti che la paranoia ideologica è in grado di alimentare. Ecco rivelata la funzione essenziale di una condanna di alto livello come questa: nessuno può né deve sentirsi al sicuro. Il Partito ha lanciato una campagna di tensione a livello nazionale, un avvertimento collettivo: state attenti a quel che fate, a quel che dite, a quel che pensate. Non solo. Per le dittature come quella di Pyongyang il tempo è circolare e il passato non è mai passato realmente. Le immagini di Jang Song-taek sono scomparse dai documentari e dalle immagini ufficiali poco prima della sua esecuzione, la prova che il regime può agire a trecentossanta gradi, plasmando non solo il presente e il futuro ma anche gli eventi già accaduti. Tutti sono in pericolo, non solo per quel che potrebbero fare da oggi in avanti ma anche e soprattutto per quello che il potere potrebbe pensare delle loro azioni già compiute, perfino quelle che siano state oggetto di pubblica approvazione.
Ma, al di lá della minaccia del terrore, è una mossa intelligente aver sacrificato un esponente di spicco così vicino alla famiglia Kim in modo tanto plateale? C'è chi pensa allora che la decisione sia stata presa da altri:
The scale of the publicity is a surprise for other reasons, according to Jang Jin-sung, a former propaganda official who defected to South Korea in 2004. He thinks it suspicious that the purge took place in a Politburo meeting. Kim Jong Il rarely convened such pow-wows; after all, quietly orchestrated dismissals were made at his sole discretion. That Mr Jang’s ouster took place in such a public setting suggests that it was out of Mr Kim’s hands, he says—as do the charges of womanising, which damage Ms Kim and, by extension, the young Mr Kim himself. Another oddity is that the news was broadcast first to the outside world on KCNA, and only then on internal media. Previous purges were usually publicised (if at all) weeks or months after the event.
Una purga anti-Kim? Una purga anti-Cina? O tutto il contrario? Cremlinologia applicata alla realtà nordcoreana. Esercizio quasi impossibile, ai limiti dell'inutilità:
Whether Jang in fact planned to execute a coup or whether he was eliminated in an effort by Kim Jong Un to consolidate power -- or some other scenario - remains unknown, but in the words of the KCNA, he is now a traitor for all eternity.
Whether Jang in fact planned to execute a coup or whether he was eliminated in an effort by Kim Jong Un to consolidate power -- or some other scenario - remains unknown, but in the words of the KCNA, he is now a traitor for all eternity.  - See more at: http://blog.foreignpolicy.com/posts/2013/12/13/jang_song_thaeks_execution_is_even_weirder_than_you_think#sthash.HIHflAT8.dpuf
Whether Jang in fact planned to execute a coup or whether he was eliminated in an effort by Kim Jong Un to consolidate power -- or some other scenario - remains unknown, but in the words of the KCNA, he is now a traitor for all eternity.  - See more at: http://blog.foreignpolicy.com/posts/2013/12/13/jang_song_thaeks_execution_is_even_weirder_than_you_think#sthash.HIHflAT8.dpuf

13 dic 2013

La solita sequenza.

http://nkleadershipwatch.files.wordpress.com/2013/12/jst_eppbm_081213_arrest.jpg

Accusato. Arrestato. Umiliato. Ucciso. Comunismo.

11 dic 2013

Facce ride. Obama ha veramente dato spettacolo al funerale di Nelson Mandela. Prima la stretta di mano con Castro, poi risate a tutto spiano sugli spalti, in compagnia di Cameron e della premier danese. So che ve l'aspettate, ma pensate per un momento se al suo posto ci fosse stato quello zoticone del suo predecessore, i giornali, i telegiornali, i cinegiornali, i radiogiornali, i nipotini di Sofri, stamattina, che roba.

Funeral selfie: President Obama, British PM David Cameron and Denmark's Prime Minister Helle Thorning Schmidt smile for a snap during Nelson Mandela’s memorial service.

10 dic 2013

Mandela y Mario Chanes de Armas.

obama-castro
Mario Chanes de Armas estuvo preso treinta años en las cárceles de los Castro. En jaulas, en gavetas, en agujeros, golpeado y torturado y esclavizado, quiero decir condenado a trabajo forzado como un esclavo. Treinta años. Más tiempo que Mandela. Treinta años. En condiciones mucho peores que las que padeció Mandela. Treinta años. Y siempre digno, y siempre honrado, y siempre firme y generoso y valiente en medio de aquel infierno. Abundan los testimonios.
Tuve el honor de conocer a Mario Chanes. Un hombre sorprendente, dulce, amigo del perdón y amigo de la reconciliación. Como Mandela. Un hombre que combatió la dictadura de Batista y la dictadura de Castro. Un hombre que no apoyó ni fue amigo de ningún dictador.
Mario Chanes ya estaba en la cárcel cuando nació su único hijo, y seguía en la cárcel cuando su hijo murió a los 22 años. En la cárcel también supo de la muerte de sus padres y de su hermano. No llegó a conocer a su hijo. Castro, el amigo de Mandela, negó siempre el permiso para que se conocieran.
Hablo de Mario Chanes de Armas porque ha muerto Mandela y están en lo de honrarlo. Y como todos hablan de lo grande que fue Mandela me parece necesario hoy decir aquí que sí, que seguramente es verdad que Mandela fue un hombre grande. A pesar de su amistad con Castro. A pesar de su silencio cómplice y miserable respecto a las víctimas de su amigo Castro.
Un hombre grande, Mandela, sí. Pero un hombre grande que no le llegaba ni a la suela de los zapatos a un hombre como Mario Chanes de Armas.
Da Emanaciones.

9 dic 2013

Il Postcomunista. Per i discepoli di Luca Sofri, chi inventò il terrore e i campi di concentramento merita semplicemente la definizione di "storico leader della rivoluzione bolscevica del 1917 in Russia e del movimento comunista" e le dittature comuniste in Europa Orientale diventano "i paesi dell’alleanza europea filosovietica". Facile la storia, no?

8 dic 2013

La coppia più bella del mondo.

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Nella foto, il nuovo segretario del PD. Alla sua destra, Renzi.

7 dic 2013

Tutti guardano al Sudafrica. Questo è il Centrafrica.
Lo zio di Corea. Pare che Jang Song-taek, uno di quelli che contavano a Pyongyang, sia stato messo da parte dal nipote senza troppi complimenti.
Rossonero. Sull'annosa questione che nessuno ha voglia di affrontare, se Mandela sia stato o meno comunista o solo un opportunista politico di successo.

4 dic 2013

Un certo disagio. Mi pare che ci sia ben poco da dire in questo decennio che non si sia già detto nel decennio scorso. Fatico a trovare spunti nuovi, a evitare ripetizioni. Sono solo io?

2 dic 2013

Lettori e amici. Ringrazio Roberto Piccoli per la sua gentile recensione del libro. Sono io ad essergli grato, da tempo.

1 dic 2013

Karaoke Caracas. Se i dittatori sono dannosi, le loro caricature sono il cammino sicuro verso il disastro. Il Venezuela di Maduro si muove tra repressione, improvvisazione economica e potenziamento del ruolo dell'esercito. L'unica speranza è che, a differenza di Cuba, la società civile non è ancora stata del tutto annientata e continua a dare battaglia. Fino a quando e con quali esiti sono le questioni essenziali.

24 nov 2013

Bombe, diplomatici e apatici. L'accordo sul nucleare raggiunto questa notte a Ginevra tra le sei potenze e l'Iran, subito definito "storico" dalla stampa internazionale (tutto quello che fa Obama è storico per principio), lascia intatta l'attuale struttura atomica di Teheran e di fatto non sposta di un millimetro la situazione venutasi a creare nel corso degli anni. Come tutti i documenti di questo genere, si basa essenzialmente su promesse che in teoria il controllo internazionale dovrebbe incaricarsi di far rispettare. Come in Iraq, come in Corea del Nord. L'esperienza insegna che questi deals sono destinati al fallimento, soprattutto perché quello che in occidente non si mette mai in discussione - ovvero la buona fede della controparte - nel caso di stati fondamentalisti come quelli citati è il punto che sempre fa saltare il banco, prima o poi. Ma sembra che dagli errori, in diplomazia, non si impari mai nulla.
Detto questo, c'è una considerazione che si sente ripetere con frequenza e che fa particolarmente riflettere: quella secondo cui il patto permetterebbe all'Iran di compiere i primi passi verso il suo rientro nella comunità internazionale, come se si trattasse di un obiettivo auspicabile di per sé, indipendentemente dalle caratteristiche e dall'evoluzione del regime islamista. A parte che non mi risulta che, nonostante le sanzioni, l'Iran fosse mai stato escluso dal consesso mondiale, colpisce in ogni caso la supeficialità con la quale si continua a pensare che il virus fondamentalista (religioso o laico) non costituisca più un pericolo per il solo fatto di essere inserito all'interno di un organismo sano (mi si passi la semplificazione). Si torna a temi abusati come l'appeasement, la realpolitik e tutto l'armamentario di chi non contempla la componente ideologica nelle relazioni internazionali. Non mi ci soffermo più, per non annoiare. Mi limito a notare che anche certo liberalismo difensivo contribuisce a questo equivoco, che secondo me rappresenta la principale causa della mancata soluzione dei conflitti alla radice. Nelle già citate Memorie per esempio, Raymond Aron - liberale e democratico come pochi altri - si ostina ad affermare che la democrazia non si può imporre. Da un punto di vista puramente teorico la tesi potrebbe perfino considerarsi coerente con i principi del liberalismo, se solo la decisione di vivere o no in un regime democratico non fosse un'imposizione (questa sì) del potere politico ma una scelta di chi vi è sottoposto. Purtroppo la seconda ipotesi non risulta agli atti, almeno che io sappia: anche chi vota governi che, una volta consolidatisi, assumeranno caratteri autoritari, non lo fa con l'intenzione di vivere nell'oppressione, privato di diritti e di libertà, ma in base a valutazioni di altro tipo. Allora, rifiutando l'azione per eliminare l'oggettiva disparità di forze e di intenti tra cittadini e governo dittatoriale, il liberalismo finisce per accettare che la volontà dello stato prevalga su quella degli individui, contraddicendo se stesso. Si può essere tolleranti con gli intolleranti? Certamente, a patto di essere disposti a pagarne il prezzo e soprattutto a farlo pagare a chi non può esprimersi. Tra liberalismo e apatia a volte il passo è brevissimo.

12 nov 2013

L'America civile e moderna. Questo passaggio dell'editoriale di Richard Cohen sul WP sta facendo un po' discutere, negli Stati Uniti:
Today’s GOP is not racist, as Harry Belafonte alleged about the tea party, but it is deeply troubled — about the expansion of government, about immigration, about secularism, about the mainstreaming of what used to be the avant-garde. People with conventional views must repress a gag reflex when considering the mayor-elect of New York — a white man married to a black woman and with two biracial children. (Should I mention that Bill de Blasio’s wife, Chirlane McCray, used to be a lesbian?) This family represents the cultural changes that have enveloped parts — but not all — of America. To cultural conservatives, this doesn’t look like their country at all.

10 nov 2013

L'Italia civile e moderna. Ma di Paolo Ferrero ce ne sono dappertutto.
Allons enfants. Un altro motivo per cui vale la pena leggere le Memorie di Aron è ricordare quanto miope (per non dire meschina) sia stata la politica estera francese nel dopoguerra, soprattutto a partire dalla seconda tappa del gollismo: creazione della forza nucleare strategica, uscita dal comando unificato della NATO, relazione privilegiata con l'Unione Sovietica, antiamericanismo e antiatlantismo. Tutti elementi che sarebbero poi diventati costitutivi di una mentalità europea le cui conseguenze paghiamo ancora oggi. Da De Gaulle a Pompidou a Giscard a Mitterand a Chirac, destra e sinistra unite e indistinguibili nella loro unica strategia riconoscibile in materia di relazioni internazionali: l'intelligenza con il nemico. Che ovviamente ne approfittava e se ne serviva, ça va sans dire.

9 nov 2013

Stronzi ma civili (o viceversa)/3. Io uno che diventa comunista il giorno che la Germania Est (quella comunista) fa un gol alla Germania Ovest (quella non comunista), ecco, non so, mi sembra un po' coglione. E lo dico nell'anniversario della caduta del Muro di Berlino, quello che avevano fatto erigere i comunisti della Germania Est (gli amici di Piccolo, si suppone) per proteggere il loro paradiso dagli invasori fascisti della Germania Ovest (era così, no?). Era il due a zero, si vede.
P.S. Per chi non lo sapesse Sparwasser, quello del gol che piacque tanto a Piccolo, un anno prima che il paradiso aprisse le sue porte, scappó all'inferno. Mi sa che il libro non lo compro.

6 nov 2013

Polonio mon amour. Le sostanze chimiche in sé non sono né buone né cattive. Dipende dall'uso che ne fai.
I bambini dell'asilo stanno facendo casino. Di passaggi rilevanti nelle Memorie di Raymond Aron ce ne sono diversi, come è facile immaginare. Ma la sobrietà e schiettezza con cui riduce il magnificato '68 francese ad un fenomeno marginale e del tutto privo di trascendenza storica sono veramente straordinarie.
Due velocità. Quella del treno che collega San Pietroburgo a Mosca e quella dei villaggi che attraversa.
Hot Dog Sisi. Pare che in Egitto il comandante in capo sia un po' dappertutto.
Stronzi ma civili (o viceversa)/2. Io il libro di Francesco Piccolo è difficile che lo legga, perché confesso qualche pregiudizio di fronte all'associazione degli aggettivi comunista, civile e moderno nella stessa frase, ma è un problema mio, lo so. Problema tutto di Piccolo sarà invece superare indenne la recensione di Luca Sofri, la cui prosa si fa di settimana in settimana sempre più inintelligibile. L'ho già detto altre volte: secondo me chi scrive difficile è perché pensa confuso.

29 oct 2013

Stronzi ma civili (o viceversa). Ecco, io quando leggo un brano così, dove un comunista (lo dice lui, mica io) dice che loro (i comunisti) al funerale di Berlinguer erano "l'Italia civile e moderna" e lo erano "senza alcun dubbio", non so, penso che dovranno passare tre o quattro generazioni, mica i famosi vent'anni. Poi mi ricordo che Umberto Saba aveva scritto una poesia e c'erano dei versi che dicevano così: "(...) il desiderio (...) d'essere come tutti gli uomini di tutti i giorni", proprio come il titolo di questo libro sull'Italia civile e moderna, diciamo. E allora mi viene in mente che la poesia è proprio una bella cosa e quelli che non citano proprio dei begli stronzi.

26 oct 2013

Campo 14. C'è chi non ha mai conosciuto la vita fuori dal Gulag, sessant'anni dopo Stalin. La storia di Shin Dong-hyuk in un libro. Qui le risposte alle domande del pubblico dei social media.
La matita blu di Stalin. L'essenza del totalitarismo? Un illimitato, continuo e maniacale esercizio di correzione:
Stalin's blue pencil was an instrument he used to transform himself into an idea and, ultimately, an ideology. Of Marx had come Marxism, out of Lenin Leninism; such was the mise-en-scène within which Stalin—through his tireless revisions—was becoming Stalinism. Writing about Soviet memoirs of the Stalinist period and after, Irina Paperno, a Slavicist at the University of California at Berkeley, notes that the editor "is not a real person or persons, but a function, or persona." In his biography of Stalin from 1936, Henri Barbusse wrote: "Stalin is the Lenin of today." He meant that Stalin had effectively become a persona, an idea that transcended the person. It was a compliment. And others felt its force. Before meeting him in 1943, Ðilas imagined the Soviet leader as a "pure idea, ... something infallible and sinless."
Autocritica. Certe tradizioni non cambiano mai:
Mr. Chen’s confession casts him instead as a hired gun who was motivated by greed to pass along stories handed to him by a third party. “I didn’t write any of these stories,” he said during the nine-minute broadcast Saturday morning on China Central Television, which showed him handcuffed and wearing a green detention center vest. “The original drafts they all gave to me.”

24 oct 2013

Musulmani di tutto il mondo. Il cammino del bolscevismo in Asia Centrale attraverso i manifesti della propaganda sovietica.

23 oct 2013

Meno male che c'è Barack. Non riesco proprio a non pensare a cosa sarebbe oggi questa storia delle conversazioni intercettate dalla NSA se alla Casa Bianca non ci fosse il più grande presidente nero della storia americana ma il suo predecessore. Pensate ai titoli: "Merkel umilia Bush", "La rete di sorveglianza mondiale del texano", "Cosa resta degli Stati Uniti dopo questa amministrazione?", "Tutti spiati dal guerrafondaio di Washington". E invece.
Postgiudizi negativi. Non avrebbe tutti i torti Filippo Sensi (alias Nomfup) nell'osservare che la foto di Maria accanto alla coppia Rom sa un po' di sbatti il mostro in prima pagina. Dal punto di vista della comunicazione l'impatto è notevole e scatena una serie di speculazioni di cui sicuramente non si sente il bisogno: la realtà si imporrà e alla fine è l'unica cosa che conta. Purtroppo però la credibilità del suo articolo viene meno fin dall'inizio, nel momento in cui si sente in dovere di rendere noto il suo pregiudizio positivo nei confronti dei Rom. Nel repertorio argomentativo della sinistra politicamente corretta non basta affermare l'assenza di pregiudizi o semplicemente non dir nulla, come sarebbe normale in un pezzo giornalistico: bisogna far sapere che si nutre un pregiudizio positivo verso coloro che si considerano discriminati. Come le azioni positive e il penso positivo perché son vivo (e di sani principi). Io non so se i Rom rapiscono per sistema i bambini altrui, può darsi che sia successo qualche volta, ci saranno zingari e zingari, così come direttori di quotidiani e direttori di quotidiani. Quel che so, comunque, è che in genere non trattano troppo bene i propri, almeno non lo dimostrano. Non riesco ad albergare troppi pregiudizi positivi quando vedo neonati abbruttiti dalla strada accompagnare i genitori nelle loro questue quotidiane, né quando osservo che chi dovrebbe aver cura di loro li utilizza come strumenti di lavoro, non sempre con le migliori intenzioni (gli eufemismi sono contagiosi). Forse quella foto non confermerà i sospetti e le illazioni ma la realtà bisognerebbe provare a raccontarla tutta, soprattutto se si è giornalisti. Alla fine la coscienza ne risulterà sollevata e perfino il gentile pubblico ringrazierà.

22 oct 2013

Paradossi. Aung San Suu Kyi ha potuto ritirare il premio Sacharov dopo ventitre anni. Assegnatole quando era un'icona imprigionata dal regime, lo riceve nel momento in cui sembra piuttosto un'ambasciatrice di quelli che fino a ieri erano i suoi carcerieri. Impossibile scendere a patti con la politica senza perdere la santità che solo la lotta solitaria e il sacrificio quotidiano possono conferirti, questo è chiaro. Ma, ugualmente, osservare oggi Aung San Suu Kyi seduta nel parlamento di Naypyidaw trasmette una sensazione di disagio, almeno al sottoscritto. Troppo flebile la sua voce di condanna nei confronti di una dittatura che ha soggiogato non solo le sue velleità ma quelle di un intero popolo per decenni e che non ha ancora compiuto nessun passo indietro sostanziale. Troppo ambigue le sue prese di posizione contro la repressione che continua nei confronti dei gruppi etnici delle regioni periferiche e delle minoranze musulmane. Troppo semplice questa transizione dall'autoritarismo militare all'amministrazione civile, benedetta da chi fino ieri era l'antitesi del potere e oggi, a ben guardare, ne è parte integrante. In realtà Aung San Suu Kyi non ha mai smesso di essere un ostaggio, nemmeno oggi che ritira il suo meritato riconoscimento.

21 oct 2013

Una cosa nuova (anzi due). Per andare verso luoghi non comuni il nuovo settimanale Strade ha fatto scrivere di economia Mario Seminerio, che ha detto che la ripresa è un miraggio.

20 oct 2013

I conti tornano. Non c'era bisogno della classica scivolata sulle camere a gas per smascherare la vera natura di personaggi come Odifreddi. Sono anni che abbiamo a che fare con questi signori che, dietro una patina oleosa di scetticismo illuminista, nascondono la più classica delle malattie dell'ideologia. Puoi far finta di essere un intellettuale finché ti invitano ai talk-show della sera, poi un giorno qualunque di un anno qualunque ti mostri per quello che sei: una sgradevole caricatura della verità e del buon senso.
Appoggio critico. All'Unione Europea chiamano così gli aiuti allo sviluppo che finiscono dritti e filati nelle casse del regime bielorusso. Lukashenko ringrazia. I dissidenti osservano attoniti.

18 oct 2013

Il gran rifiuto. Perfino dal loro punto di vista disturbato sul mondo i sauditi dimostrano un grado di dignità superiore a quello delle Nazioni Unite.
L'oftalmologo. Dal balletto di minacce senza conseguenze e ritirate diplomatiche delle ipopotenze occidentali, Assad è uscito rafforzato e sicuro di sé. Si permette di scherzare sul Nobel e sa che la Siria sarà sua ancora per molto tempo, grazie ai centoquindicimila morti e all'uso delle armi chimiche sulla popolazione. La morale di questa incredibile e triste storia è che la strage di massa paga, dieci anni dopo la fine di Saddam Hussein. Ma Bush era un criminale di guerra, Obama il genio della pace. Nulla di nuovo, in fondo.
Norman. L'espressione sinistra liberale è una contraddizione in termini nella storia europea, un esercizio intellettualoide proprio di chi si vergogna delle proprie idee e cerca in un ossimoro il cammino più facile verso l'approvazione sociale, un trucco insomma. Questa regola presenta contate eccezioni, come alle volte accade. Norman Geras era una di queste. Se n'è andato questa mattina. Il suo blog era un distillato quotidiano di equilibrio, cultura, analisi, prospettiva storica e buon senso. Professore Emerito all'università di Manchester, aveva avuto l'amabilità di dedicarmi uno dei suoi celebri Profiles di bloggers di riferimento, mentre i tronfi scribacchini di casa nostra non si degnano nemmeno di rispondere a un'email. Era un gigante in un mondo di nani. Mi mancherà moltissimo.

12 oct 2013

I colori della Guerra Civile. Un lavoro bellissimo. Guardate la foto di Lewis Powell, complice dell'assassino di Lincoln. Sembra scattata in questi giorni.
Giap e Priebke son morti centenari. Criminali di guerra entrambi, criminale anche di pace il primo (seconda personalità del regime in ordine di importanza). Il nazista ricordato solo come un carnefice (giusto così), il comunista celebrato come uno stratega militare senza pari (dimenticando tutto il resto). I morti che il Napoleone rosso ha sulla coscienza non si possono nemmeno contare, quelli del comandante delle SS sono ovviamente meno (le responsabilità erano diverse) ma ciononostante arcinoti e arcicondannati. Il mondo va così.
Spiace dirlo. Comunque, se non le sparavano, di Malala nessuno avrebbe saputo niente. Il mondo va così.
La sindrome Obama. Si abbatte anche su Papa Francesco. Quando parla come piace al progressismo internazionale scattano i titoloni. Quando fa il suo mestiere di predicatore del Vangelo scende il silenzio. Manco mandasse i droni.

11 sept 2013

C'è solo un 11 settembre. E mi dispiace per gli altri.

8 sept 2013

Ci voleva il sarin? Tra i vari equilibrismi usati da stampa e opinione pubblica per spiegare che le guerre di Obama sono giuste mentre quelle di Bush erano sbagliate c'è quello - incredibile - per cui Saddam non aveva armi chimiche mentre Assad sì. Come se le immagini televisive avessero improvvisamente assunto valenza di prova inconfutabile e, soprattutto, come se i villaggi annientati dai gas di Saddam qualche anno prima della seconda guerra del Golfo non fossero mai esistiti. Tra gli argomenti di chi, invece, anche stavolta si oppone ad un intervento prevale quello per cui un premio Nobel per la Pace non dovrebbe mai iniziare una guerra. Insomma la buona fede del presidente degli Stati Uniti non è comunque mai messa in discussione, visto che è democratico, nero e parla bene. Nessuno che dica che l'unica maniera di meritarsi veramente quel premio sarebbe farla finita con il regime di Assad, esattamente come il suo predecessore fece con quelli di Saddam e del mullah Omar, indipendentemente dall'uso di armi più o meno convenzionali. Nessuno che risponda a chi ancora chiede prove dei crimini del dittatore con una cifra che stranamente non si ricorda mai, proprio come i villaggi di Saddam: quindicimila cadaveri in due anni. Senza sarin.
Il New York Times va alla guerra. Le armi chimiche di Assad. A leggere la bibbia liberal Saddam era un dilettante.

6 sept 2013

Ossimori impuniti. Borges scriveva la frase citata nel post precedente in un articolo su nazionalismo e individualismo. Osservare che il pensiero in questione risale ad oltre sessant'anni fa e che fra meno di una settimana in Catalogna si snoderà una catena umana per l'indipendenza, dimostra che il tempo passa invano e la storia non insegna nulla. Classi dirigenti e cittadini disposti ad annullarsi in un'identità collettiva dai tratti fumosi e incoerenti: la nostra terra, la nostra lingua, la nostra bandiera. L'uomo e i suoi dintorni, mai:
Il nazionalismo vuole ammaliarci  con la visione di uno Stato infinitamente molesto.
Penso a quante volte si leggano espressioni come Stato liberale o nazione liberale. Ossimori che resteranno impuniti, proprio come i pastori di questo questo gregge di pecore incatenate.
Il più urgente dei problemi.
Il più urgente dei problemi della nostra epoca (...) è la graduale intromissione dello Stato negli atti dell'individuo.
Jorge Luís Borges, 1946.
Meglio tacere. Anne Applebaum spiega a Obama che un silenzio dignitoso è sempre meglio di una spacconata a cui non si sa dar seguito. L'immagine della Casa Bianca - aggiungo io - non è mai stata così compromessa e traballante agli occhi di quella parte di opinione pubblica non connivente con i regimi dittatoriali. Il problema è che se sei il presidente degli Stati Uniti e dici una cosa, magari poi qualcuno ci crede.
Non solo guerre. Su YME uno speciale sui principali eventi mediorientali dell'ultimo secolo. Utile e ben fatto.

28 ago 2013

#1972book. Ho preso un po' di questi dieci anni di blog e ci ho fatto un libro. Qui anche in versione Kindle. Regalatelo, magari. Non lo faccio per soldi.
Sono proprio superiori. Io stamattina stavo sentendo la radio dei progressisti spagnoli e ce n'erano ben tre - di progressisti - che dicevano che Obama faceva bene a fare la guerra in Siria perché lì un dittatore aveva usato il gas contro i suoi cittadini e in casi come questi non volevi mica impantanarti all'ONU, bisognava agire in fretta e se poi si facevano vittime collaterali (stavolta non erano civili, erano collaterali) cosa ci potevi fare, erano i rischi di qualsiasi guerra. E mi sembrava pazzesco però stavano propio dicendo così. E non saprei descrivere se era più la soddisfazione o più lo schifo.

23 may 2013

Meno male che c'è Ingrid. Devo dire che un uomo sgozzato nel centro di Londra, il suo assassino con le mani insanguinate in nome dell'Islam, Cameron che torna da Parigi preoccupato per la possibile reazione anti-musulmana, Obama che il giorno dopo chiede scusa per i droni, non fanno ben sperare per il futuro della civiltà occidentale.

24 mar 2013

La viltà del castrismo.
Si alguna vez vuelven a existir los cubanos su primer deber será recordar a toda la gentuza que, durante décadas, colaboró con la aniquilación de los cubanos. Toda la llamada izquierda europea, para empezar, vendida por un chocho joven o por una polla descomunal. No hay que olvidar nunca a esos canallas y si queda alguno vivo por entonces es imprescindible pasarles la cuenta.
Juan Abreu.

4 mar 2013

Archivio personale. Cinque anni fa Grillo c'era già. Confermo l'analisi, sbagliai la previsione (forse).

15 feb 2013

Chiaro, no?/3. Ma se Bush era di destra e faceva una politica estera di sinistra, mentre Obama è di sinistra e fa una politica estera di destra, come fanno Bush e Obama a fare la stessa politica estera? Sarò io che non ci arrivo.

14 feb 2013

Chiaro, no?/2. Contrordine compagni. Il liberismo è tornato a destra. Parola di Rocca.

29 ene 2013

Chiaro, no? Christian Rocca, ottobre 2011:
Dopo Thomas Friedman e Fareed Zakaria, oggi è il turno di Walter Russel Mead a completare la troika di autorevoli commentatori dell’establishment di politica estera americana che in tre giorni ha spiegato come la politica estera di Obama sia diventata uguale a quella di Bush. Friedman l’aveva presa in generale, Zakaria aveva puntato sull’Iran, WRM invece parla della Corea del Nord:
«The longer President Obama stays in the White House, the more closely his foreign policy seems to track George W. Bush».
Il politologo, su American Interest, cita un articolo del New York Times che racconta lo scetticismo dei vertici dell’Amministrazione Obama rispetto al dialogo con "il paese canaglia" Corea del Nord, anche se dimentica di ricordare che Bush era favorevole ai colloqui a sei con i coreani.
Mead è contrario alle politiche pro regime change, ma spiega che ora anche Obama, dopo Clintone Bush, si è finalmente reso conto che le belle intenzioni e le banalità non riescono a trasformare i cattivi in buoni.
Christian Rocca, gennaio 2013:
Il monumento del pensiero liberal americano, Leon Wieseltier, scrive sul nuovo New Republic che la dottrina di sicurezza nazionale di Obama è chiaramente ispirata a quella (di destra) di Donald Rumsfeld: "Impronta leggera" (nota per Rep.: che non è quella neocon, ma quella tradizionalmente repubblicana). Obama ha modificato in due modi l'approccio di Rumsfeld: 1) ha limitato i fini per meglio adattarli ai mezzi e 2) ha applicato il metodo anche alla politica estera. E ora a Washington la F-word, la parolaccia, non è più Fuck, ma Freedom. Qui lo avete letto 4 anni fa.

19 ene 2013

Antologia/9-10. I post più argomentati degli ultimi due anni.

"Esportare la democrazia"
Il buco nero
Stanno tutti bene
15-M
15-M/2
15-M/3
15-M/4
Farsene una ragione
Incompatibili
Soddesinistracosì
Zombies
Annessione
Normalizzati
Nopasarán
La fine della prima rivolta araba
Per una volta
La massa
La più grande di tutte le facezie
La parabola del buon capitalista
Gusanos
Perché possono
Occupy Donosti
Occupy Donosti/2
Riassunto Italia
La bestia umana (riportare Auschwitz dentro la storia)
Rivolta d'Egitto
Leading from confusion
Rivolta d'Egitto/2
Lo scandalo Monti
Come lavorano al Post

Vi vogliono cadaveri
Maestri e secchioni
Era tutta una finzione
Poveretto
Fuori tempo
Giustizia impopolare, giustizia giusta
Eutanasia di una civiltà
Una nuova umanità
Danni incalcolabili
Appunti sulle rivolte arabe. Anno I
Siria, fare niente e capirci meno
Che strage che fa
La famiglia
Basta ya
Birmania, istruzioni per l'uso
Canta che ti passa
Descamisados
Storia del cinese cieco e dei suoi falsi amici
Prima uccidere, poi controllare
Keynes e l'aspirina
Obama vs. Ortega
Il sordido, squallido e criminale regime dei fratelli Castro
Batman è stanco
Gandhiani e vincenti
Detartrase di coscienza
Detartrase di coscienza/2
Come lavorano al Post/2
Il secolo stronzo
Normalità
Serve altro?
Nati ieri
Il vuoto davanti
Banditi a L'Avana
La premessa è erronea
Il secolo stronzo/4
Quanto mi manca il texano/2
La continuazione della sinistra con altri mezzi
Un passo avanti, due indietro